Il Sakè sta vivendo un’espansione senza precedenti. La tendenza è stata innescata dall’esplosione dell’interesse per le cucine e le culture asiatiche a livello internazionale, e ora sta generando una serie di sviluppi davvero interessanti. Ma com’è successo che questa affascinante bevanda tradizionale, ottenuta grazie a un processo di fermentazione che coinvolge riso, acqua e spore koji, abbia iniziato a conquistare palati in giro per il mondo? E a che innovazioni sta portando la sua popolarità?
Foto: Zhuo Cheng You
Il boom del Sakè
Il boom del Sakè degli ultimi anni è trainato dalla presenza sempre più rilevante della cucina giapponese nelle principali città internazionali, ma si deve anche all’apertura di locali e negozi specializzati, che hanno fatto scoprire al grande pubblico una vasta gamma di cibi e rituali prima poco conosciuti. Un esempio lampante di questo trend è la trasformazione di Greenpoint a Brooklyn nella nuova Little Tokyo, riportato lo scorso anno dal New York Times. Grazie a una serie di negozi e locali, come il caffè Acre, il salone del tè Kettl, il negozio Bin Bin Sakè e l’alimentari Mitsuki Japanese Market, i cittadini newyorkesi hanno potuto scoprire una certa passione per la cultura gastronomica giapponese e, in particolare, per Saké. La stessa cosa è accaduta in molte altre parti degli Stati Uniti, catalizzando l’integrazione della bevanda nell’esperienza culinaria americana.
Ma il boom del Saké non si limita agli USA, anzi, attualmente abbraccia un totale di 75 tra Paesi e regioni. L’Asia rimane il mercato più grande, che vede Cina e Hong Kong in testa ma anche una crescita robusta in Corea del Sud, Taiwan e Singapore. Subito dopo viene l’Europa, in cui svetta il caso dell’Inghilterra e si fa largo anche l’Italia. Anche in America Latina il consumo del sakè sta aumentando, come dimostra il fiorire di masterclass e concorsi dedicati alla comprensione e all’apprezzamento del Sakè. Insomma, sempre più consumatori stanno scoprendo le qualità uniche di questa bevanda millenaria e, di conseguenza, stanno sviluppando un palato sempre più esigente.
Foto: Bin Bin Sake; Acre; Charles Postiaux
Il nuovo Sakè
L’aumento del consumo di Sakè è in parte guidato dallo stesso governo giapponese, che si è prefisso l’obiettivo di far crescere in maniera significativa il valore delle esportazioni alimentari e di bevande di cinque volte dal 2019 al 2030, passando da 912,1 miliardi di yen all’anno a 5 trilioni. Nel caso specifico di questa bevanda, la scelta di puntare sull’export è legata anche al crollo della domanda interna degli ultimi 50 anni, dovuto sia al calo di consumi di alcol da parte dei consumatori storici, ovvero la popolazione anziana giapponese, sia alla crescente preferenza delle generazioni più giovani per le bevande in stile occidentale. Ciò ha spinto i marchi di Sakè a reinventare la bevanda sia per il mercato nazionale sia quello internazionali, creando versioni più leggere e fruttate che si abbinano meglio alla dieta occidentale, prendendo in prestito dal mondo del vino codici di linguaggio e di design, avviando collaborazioni strategiche con esperti.
Foto: Dale Scogings
Due esempi notevoli di questo trend sono IWA, brand creato dall’ex chef de cave di Dom Pérignon Champagne, Richard Geoffroy, ed Heavensake, la joint venture franco-nipponica co-fondata dall’ex capo enologo della casa Piper Heidsieck Champagne, Regis Camus. Entrambe le produzioni sono localizzate in Giappone e, come riferisce VML Intelligenze, propongono un approccio ibrido che potrebbe rappresentare la chiave del successo globale della bevanda.
Foto: Asahi Shuzo; Eduardo Krajan
Accanto a questi esperimenti di contaminazione in patria, sta fiorendo anche la produzione all’estero, a opera di giapponesi e non. Nel corso degli ultimi anni, negli Stati Uniti è emersa una ventina di piccoli produttori locali, tra cui uno degli ultimi arrivati è Origami sake in Arkansas, che ha iniziato la produzione a metà 2023. Questi piccoli brand stanno sfruttando la loro conoscenza del terroir americano per meglio soddisfare i palati locali, e il loro successo è tale da aver spinto i produttori giapponesi a entrare in azione. Come Asahi Shuzo, che ha aperto un birrificio e una sala degustazione nella Hudson Valley; inoltre, ha annunciato che lancerà un marchio americano, Dassai Blue, e che collaborerà con il Culinary Institute of America per offrire un programma educativo sul sakè. A Londra, poi, c’è la birreria Kanpai, i cui Sakè sono entrati a far parte del menù di Evelyn’s Table, uno dei ristoranti più alla moda della città. E a Singapore, è nato il Sakè Rasen, appositamente ideato per accompagnare i piatti della tradizione locale.
Insomma, quella del Sakè è molto più che una tendenza: è un fenomeno culturale e sociale. Attraverso la sua diffusione globale, il Sakè sta creando ponti tra mondi diversi, dimostrando ancora una volta il potere unificante della gastronomia e delle bevande.